L’eco mediatica relativo alla nebulosa, enigmatica, indecifrabile vicenda cosiddetta P4 si è un po’ affievolita. Il frastuono giornalistico e scandalistico è stato coperto da altri scandali più o meno inventati, come si usa in questo infelice frangente della nostra vita nazionale.
Ma io credo, invece, che proprio questo sia il momento propizio per compiere una riflessione, seria, sintetica ma ineludibile intorno a questa storia.
Io non so e non voglio quasi sapere se vi siano riflessi e implicazioni penali nella ridda di relazioni intessute dal signor Luigi Bisignani, il presunto capintesta di questa oscura cricca di
Io non so e non voglio quasi sapere se vi siano riflessi e implicazioni penali nella ridda di relazioni intessute dal signor Luigi Bisignani, il presunto capintesta di questa oscura cricca di
faccendieri.
Non so se egli sia, tecnicamente, un lobbysta come si dice all'americana. Negli Usa «fare lobby» è una attività legalizzata e regolata dalle norme, consiste nel porsi come congiunzione tra legislatore e titolare di interessi economici, patrocinandoli e rappresentandoli presso il mondo politico.
Non so se, come dice l'onorevole Bocchino, che evidentemente se ne intende, Bisignani fosse uno «spiccia faccende». Una specie di tuttofare, insomma.
Non so se, invece, Bisignani e chi per lui commettesse dei reati, infrangendo la legge. Questo dovranno accertarlo i giudici, sulla base delle prove raccolte dai magistrati inquirenti dell'accusa, sperando che le «prove» non consistano unicamente nel solito diluvio universale di intercettazioni telefoniche in cui si parla a vanvera di questo e quell'altro.
Io non so e non voglio quasi sapere queste cose.
Perché ciò che mi sta a cuore è un altro aspetto della questione.
Riguarda il cuore del nostro pensare la politica come impegno per il bene comune, per dare risposte ai bisogni e alle attese delle persone, delle famiglie, sia come anello di congiunzione tra le generazioni, adulti e giovani, sia come ponte fatto di speranza e onestà verso il futuro.
Ebbene, io provo molto disagio e non posso, non riesco più a nasconderlo.
Provo amarezza e mi indigno, perché bisogna smetterla, bisogna finirla una buona volta di aprire le porte più importanti della cosa pubblica a soggetti che non nulla hanno a che spartire con i valori, le idee, le convinzioni, la moralità, l'onestà, la rettitudine, la fede di chi rende così possibile governare a chi sta al governo.
Non è più possibile sostenere che la gente debba «fare ciò che dico, ma non fare ciò che faccio».
Non vi rendete conto, cari politici di professione, che parlando bene, ma razzolando male, avete fatto in modo che la società civile, in questi tristi anni di declino, si allontani dalla politica pensando di poter fare a meno di voi?
Il mio vuole essere un forte richiamo alla coerenza e alla trasparente linearità del pensare e dell'agire «politico», cioè un valore pubblico e primario che deve rimanere integro anche sotto i riflettori mediatici.
Non è una questione di estetica, ma di sostanza.
Scusate se sono autoreferenziale, ma io dico e faccio cose in cui credo da decenni e per questo mi vedo sbattere in faccia «quelle porte». Porte che busso per poter dialogare con chi ha in mano le leve del potere, in pratica potere sulle nostre vite. Busso perché vorrei poter collaborare con loro su progetti che si fondano su una base di idealità e spiritualità profonde. Busso perché io credo e, credendo, ho il dovere di impegnarmi e di lavorare in concreto, non a parole, per migliorare la nostra società.
Ma quelle porte non si aprono, quell'ingresso resta chiuso e «loro» pensano: «E' sufficiente non rispondere e quel rompiscatole se ne andrà così noi potremo continuare a fare gli affaracci nostri indisturbati». Questo lo so, eccome se lo so!
Eh no, signori, basta così!
I cittadini non accettano più, da voi, questa doppiezza, questo fariseismo, questo continuare a pensare che «il fine giustifica i mezzi!»
Cambiate registro, signori, prima che sia troppo tardi. Se già non lo è.
Cambiate prima che i cittadini vi caccino dal «tempio» a calci nel sedere.
Il grande poeta Leopardi, nel suo «Zibaldone», scrive che gli italiani «non hanno virtù, ma solo usi e costumi».
Ecco, è tempo di essere migliori, di gustare il piacere di mettere in pratica ciò che si professa.
E’ tempo di comportarsi bene!
Luciano Lincetto
Non so se egli sia, tecnicamente, un lobbysta come si dice all'americana. Negli Usa «fare lobby» è una attività legalizzata e regolata dalle norme, consiste nel porsi come congiunzione tra legislatore e titolare di interessi economici, patrocinandoli e rappresentandoli presso il mondo politico.
Non so se, come dice l'onorevole Bocchino, che evidentemente se ne intende, Bisignani fosse uno «spiccia faccende». Una specie di tuttofare, insomma.
Non so se, invece, Bisignani e chi per lui commettesse dei reati, infrangendo la legge. Questo dovranno accertarlo i giudici, sulla base delle prove raccolte dai magistrati inquirenti dell'accusa, sperando che le «prove» non consistano unicamente nel solito diluvio universale di intercettazioni telefoniche in cui si parla a vanvera di questo e quell'altro.
Io non so e non voglio quasi sapere queste cose.
Perché ciò che mi sta a cuore è un altro aspetto della questione.
Riguarda il cuore del nostro pensare la politica come impegno per il bene comune, per dare risposte ai bisogni e alle attese delle persone, delle famiglie, sia come anello di congiunzione tra le generazioni, adulti e giovani, sia come ponte fatto di speranza e onestà verso il futuro.
Ebbene, io provo molto disagio e non posso, non riesco più a nasconderlo.
Provo amarezza e mi indigno, perché bisogna smetterla, bisogna finirla una buona volta di aprire le porte più importanti della cosa pubblica a soggetti che non nulla hanno a che spartire con i valori, le idee, le convinzioni, la moralità, l'onestà, la rettitudine, la fede di chi rende così possibile governare a chi sta al governo.
Non è più possibile sostenere che la gente debba «fare ciò che dico, ma non fare ciò che faccio».
Non vi rendete conto, cari politici di professione, che parlando bene, ma razzolando male, avete fatto in modo che la società civile, in questi tristi anni di declino, si allontani dalla politica pensando di poter fare a meno di voi?
Il mio vuole essere un forte richiamo alla coerenza e alla trasparente linearità del pensare e dell'agire «politico», cioè un valore pubblico e primario che deve rimanere integro anche sotto i riflettori mediatici.
Non è una questione di estetica, ma di sostanza.
Scusate se sono autoreferenziale, ma io dico e faccio cose in cui credo da decenni e per questo mi vedo sbattere in faccia «quelle porte». Porte che busso per poter dialogare con chi ha in mano le leve del potere, in pratica potere sulle nostre vite. Busso perché vorrei poter collaborare con loro su progetti che si fondano su una base di idealità e spiritualità profonde. Busso perché io credo e, credendo, ho il dovere di impegnarmi e di lavorare in concreto, non a parole, per migliorare la nostra società.
Ma quelle porte non si aprono, quell'ingresso resta chiuso e «loro» pensano: «E' sufficiente non rispondere e quel rompiscatole se ne andrà così noi potremo continuare a fare gli affaracci nostri indisturbati». Questo lo so, eccome se lo so!
Eh no, signori, basta così!
I cittadini non accettano più, da voi, questa doppiezza, questo fariseismo, questo continuare a pensare che «il fine giustifica i mezzi!»
Cambiate registro, signori, prima che sia troppo tardi. Se già non lo è.
Cambiate prima che i cittadini vi caccino dal «tempio» a calci nel sedere.
Il grande poeta Leopardi, nel suo «Zibaldone», scrive che gli italiani «non hanno virtù, ma solo usi e costumi».
Ecco, è tempo di essere migliori, di gustare il piacere di mettere in pratica ciò che si professa.
E’ tempo di comportarsi bene!
Luciano Lincetto